‘Ndrangheta in Lombardia: arrestato il sindaco di Seregno

‘Ndrangheta in Lombardia: arrestato il sindaco di Seregno

MILANO. Ancora arresti in Lombardia per infiltrazioni della ‘ndrangheta nel sistema economico e politico oltre che per traffico di droga. Nel ‘mirino’ dell’operazione della magistratura di Monza e Milano e dei Carabinieri del capoluogo lombardo che ha portato a 24 arresti e 3 ‘interdittive’ gli affiliati dell’organizzazione criminale ma anche il sindaco di Forza Italia di Seregno (ai domiciliari per corruzione), grosso comunue di 50 mila abitanti in provincia di Monza e un dipendente “traditore” del tribunale monzese. Indagato anche l’ex vicepresidente e assessore alla sanita’ della Regione Lombardia Mario Mantovani, definito il “referente politico” di alcuni degli arrestati.
L’operazione, che ha fatto dire al procuratore antimafia di Milano Ilda Boccassini che “l’omerta’ e’ diventata una convenienza e mafia e corruzione un sistema”, ha interessato le province di Milano, Monza e Brianza, Como, Pavia e Reggio Calabria. I reati contestati a vario titolo sono associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, lesioni, danneggiamento (tutti aggravati dal metodo mafioso), associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, abuso d’ufficio, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento personale. Il sindaco di Seregno Edoardo Mazza, avvocato civilista, 38 anni, e’ stato eletto nel 2015 coi voti del suo partito, Forza Italia, e quelli della Lega. E’ accusato di corruzione per i suoi rapporti caratterizzati da presunti reciproci favori con l’imprenditore edile Antonino Lagara’ il cui ruolo sarebbe stato decisivo per l’elezione. Molto attivo sul suo profilo Facebook, dove postava ‘dirette’ settimanali per parlare con i suoi concittadini: dopo lo stupro di Rimini si era mostrato con una forbice in mano. “Se fossi il genitore di quella ragazza, altro che forbice vorrei utilizzare”, diceva nel filmato.
L’ex vicepresidente della Regione Mantovani sarebbe stato “il politico di riferimento” di Lugara’. Un legame, quello tra Mantovani e Lugara’, che “e’ risultato a chiare lettere – riporta il gip di Monza Pierangela Renda – dal tenore di un’intercettazione nel quale Lugara’ ha dato atto al suo interlocutore del ruolo dirimente di Mantovani anche nelle competizioni elettorali amministrative di Seregno del giugno 2015, ove la famiglia Lugara’ ha potuto collocare all’interno del consiglio comunale il proprio uomo di fiducia, Stefano Gatti, poi effettivamente eletto”. “Non ha fatto neanche la campagna elettorale…i voti vabbeh’ me li ha dati Mario”. Cosi’, in un’intercettazione parla Giovanni Lugara’, figlio di Antonino. “Abbiamo candidato il ragazzo che c’e’ in ufficio e lo abbiamo messo a fare il consigliere e Presidente di Giunta… Anche dietro Mazza c’e’ Mario”La banda poteva contare anche sull’accesso alla banca dati della procura di Monza, secondo l’accusa, grazie a Giuseppe Carello, anche lui calabrese, dipendente della procura nell’ufficio affari semplici, totalmente “asservito” al sistema mafioso. A dirlo e’ il procuratore capo di Monza Maria Luisa Zanetti: “Il dipendente e’ poi stato spostato” e ora e’ stato raggiunto dagli arresti domiciliari, ma “ha intaccato la fiducia del procuratore e di tutti coloro che lavorano in procura. Tutti gli altri sono estranei a queste vicende”. Un “traditore che lascia l’amaro in bocca” lo definisce il procuratore della Repubblica di Monza Salvatore Bellomo.
“Le contaminazioni tra interessi pubblici e privati” coinvolgevano “pressoche’ l’intero establishment politico e amministrativo operante nel settore tecnico del Comune di Seregno”, scrive il gip di Monza Pierangela Renda. Un establishment, spiega il magistrato, “capace di intrattenere con agio e disinvoltura ‘interessati’ rapporti contrari al dovere di imparzialita’ con i piu’ noti e importanti operatori immobiliari del posto e dedito altresi’ a una gestione davvero contaminata anche dalle sottese pratiche inerenti vicende edilizie e urbanistiche”. “Emerge sempre di piu’ la situazione della convenienza: io mi rivolgo all’antistato per ottenere benefici sapendo perfettamente che agisco con persone legate alla criminalita’ organizzata. Oggi questo e’ il sistema e posso dirlo dopo 7 anni di indagini sulla ‘Ndrangheta”, ha commentato Boccassini. Le investigazioni hanno portato a far emergere “come infiltrarsi nel tessuto istituzionale e’ di una facilita’ estrema”. “Non tutti denunciano, imprenditori ed esercenti”. “La mafia silente non esiste sul nostro territorio come al sud”, ha rincarato la dose Alessandra Dolci, pm della direzione distrettuale antimafia di Milano. “Si parla spesso di mafia silente al nord – ha proseguito – Ma e’ cosi’ silente che in una realta’ come Cantu’, nella piazza centrale, si compiono pestaggi immotivati ai danni di avventori di locali pubblici e si compiono atti di prevaricazione”.

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